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In occasione dei 40 anni da
Italia vz Brasile 3 – 2
LA PARTITA
È il 5 luglio 1982. Quel pomeriggio Italia e Brasile si trovano sul campo del Sarrià di Barcellona per giocarsi l’accesso alla semifinale del campionato del mondo 1982. Tutti i pronostici sono per il Brasile. L’Italia è considerata una squadra senza identità. Il sole è ancora alto, lo stadio è pieno, l'epilogo sembra scritto. A farlo sui giornali ci hanno già pensato Gianni Brera e Mario Vargas Llosa. E l’intera sala stampa del Sarrià. Nessuno di loro può immaginare che quella sarà la più grande partita mai giocata su un campo da calcio. Italia – Brasile è una partita che nasconde un groviglio di storie. Fili intrecciati, destini incrociati, veleni, mortificazioni, ribellioni, errori e rinascite che
attraversano le vite degli uomini che non sono protagonisti, legandoli insieme in una stretta che oramai li immortala per l’eternità.
Al centro, una favola di riconoscenza e di riscatto: l’arbitro israeliano Abraham Klein. Una settimana prima della partita gli muore il figlio che era stato mandato in guerra in Libakleinno. L’allora Presidente della Federazione Internazionale, il brasiliano Joao Havelange che ha partecipato come atleta alle Olimpiadi di Berlino del 1936. Raimundo Saporta, Presidente del Comitato Organizzatore dei mondiali, che da bambino è scampato all’invasione nazista in Francia. Horst Dassler, figlio di Adi Dassler, padrone dell’ADIDAS; è lui che si è inventato la sponsorizzazione nel calcio e nello sport. Enzo Bearzot e la sua ascesa per diventare il CT di quella Nazionale. Paolo “Pablito” Rossi,
l’uomo dei tre gol, colui che a quei mondiali non doveva neanche esserci. Il portiere Dino Zoff, campione del mondo a 41 anni. La storia della “Piccola Repubblica Democratica del Corinthians” capitanata dal centrocampista ribelle Socrates. Il CT della nazionale brasiliana Telè Santana. Il portiere brasiliano Waldir Peres. Eder il bello, che ha un tiro come una cannonata. Serginho, il capocannoniere. Zico, il numero 10 che tutto il mondo invidia. Paulo Roberto Falcao, il centrocampista romanista che segna il 2 a 2. Il quadrato magico del centrocampo del Brasile (Cerezo, Socrates, Falcao, Zico). Il pioniere giornalista tv Michele Plastino che si infila in tribuna con una telecamera senza
alcun permesso. La voce e la storia del telecronista Nando Martellini. I giornalisti inviati in Spagna: Darwin Pastorin e tutti gli altri che per tutto il mondiale hanno litigato con la Nazionale italiana e con i giocatori. Beppe Bergomi e il suo esordi in Nazionale proprio in quella partita a soli diciotto anni. E poi Giancarlo Antognoni, Lele Oriali; Antonio Cabrini, Marco Tardelli, Francesco Graziani, Bruno Conti, Fulvio Collovati. Il bambino brasiliano che piange sugli spalti immortalato dallo scatto del fotografo Manente.
Sullo sfondo il tramonto della dittatura brasiliana e l’alba di un nuovo effimero boom italiano. Quell’estate dell’82 e quella vittoria dell’Italia di Bearzot che diventa campione del mondo, è uno snodo cruciale per la ridefinizione dell’identità italiana e questa docuserie non è solo il racconto sportivo del match ma la storia di infinite peripezie che appartengono agli uomini che vi hanno preso parte, ai capricciosi grovigli del caso che hanno incatenato per sempre i personaggi di questa trama l’uno all’altro.